Tiralento! Un’esclamazione
Tiralento è un’esclamazione, un monito che diventa filosofia di vita ciclistica e non solo. È un modo di intendere la bici e il ciclismo, di rapportarsi con gli altri e con l’ambiente. Difficile da comprendere se si sale in sella dal lato sbagliato, se la prospettiva deforma la strada che si sta percorrendo.
Tiralento è anche un ricordo, perché non ci si può dimenticare di chi ha “pedalato” accanto a noi, almeno per un pezzo di strada, contagiati dalla stessa malattia, dal ceppo sano del virus del pedale. Quella malattia che non ha bisogno di medicine per essere curata, ma di una dose settimanale, almeno, di sella e vento in faccia, del suono della bici che scivola sull’asfalto, della melodia della catena che scorre sul pignone. La farmacia, invece, è per chi è malato davvero, ma di fanatismo, che si ritrova in sella a una bici senza nemmeno sapere come, perché per lui la bici vale un pallone o un paio di scarpette da running. Perché pedala senza poesia. Perché la passione non ha niente a che fare con il fanatismo.
Il nome Tiralento lo si deve a “Mondo”, Edmondo sulla fredda lapide dalla quale ci lancia ancora quel suo sorriso ironico. Appassionato come poteva esserlo un bartaliano impenitente e un moseriano irriducibile.
Tiralento è anche a un gioco di parole, in perfetta sintonia con lo spirito ludico di un gruppo sempre in fuga dagli eccessi del pedale ma non da quelli della tavola. Perché la bici resta sempre e comunque un gioco, il più bello. L’età non conta: ad ingrigire in un ciclista sono i capelli non lo spirito.